Covid e lavoro femminile, è dispari il peso della crisi

Sono le donne che rischiano di pagare il prezzo più alto alla pandemia. Non soltanto per il suo impatto economico e occupazionale, che è particolarmente forre in settori con una marcata presenza di lavoro femminile, come vaste aree del commercio e della ristorazione, il turismo, i servizi alla persona, gli appalti, ma anche per le ripercussioni legate alla gestione dell’emergenza sanitaria nelle famiglie, dall’assistenza agli anziani a quella ai minori, che stanno mettendo a nudo, una volta di più, i forti squilibri a danno della donna  nella ripartizione dei carichi di lavoro familiare e domestico.
A lanciare l’allarme, alla vigilia dell’8 Marzo, sono le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil, in vista delle iniziative organizzate in occasione della Giornata internazionale della donna, incentrate proprio su un’analisi «qualitativa e di genere» dell’emergenza in atto. Pur nella consapevolezza che i dati disponibili sull’andamento occupazionale riflettano solo in minima parte le reali dinamiche in atto, secondo i sindacati esistono già  le avvisaglie di un calo più pesante per la componente femminile del mercato del lavoro. Se a livello regionale gli ultimi dati Istat vedono ancora una tenuta anche per il lavoro femminile, l’andamento sia a livello nazionale che a Nordest evidenzia già  un impatto “dispari” della crisi rispetto al genere. Il totale delle occupate nel 3° trimestre, a livello nazionale, faceva infatti registrare una flessione del 3,4% rispetto al dato medio del 2019, contro il -1,1% dei maschi. Un differenziale ancora più marcato a Nordest (-3,8% per l’occupazione femminile, contro il -1,1% di quella maschile), mentre nella nostra regione, dove peraltro l’occupazione dava maggiori segnali di tenuta, una differenza c’è, ma molto più sfumata (-0,3% per le lavoratrici, +0,4% tra i lavoratori).
«Le cifre nazionali evidenziano già  il rischio concreto di un blocco del lento processo di crescita dell’occupazione femminile. Processo che solo negli ultimissimi anni aveva portato la nostra regione oltre alla soglia del 60% di occupate nella fascia 15-64 anni, indicata come obiettivo minimo dall’Unione Europea». È quanto dichiarano Rossana Giacaz, Claudia Sacilotto e Magda Gruarin, responsabili pari opportunità  delle segreterie regionali Cgil, Cisl e Uil, che manifestano una preoccupazione molto più forte di quella che traspare dai numeri. «Premesso che in regime di blocco dei licenziamenti neppure i dati finali Istat del 2020 forniranno una misura attendibile dei posti di lavoro persi o a rischio ““ dichiarano ancora Giacaz, Sacilotto e Gruarin ““ a risentire di questa crisi sono settori e figure lavorative dove è prevalente la manodopera femminile. Pensiamo non soltanto al turismo, alla ristorazione e al commercio, ma anche a vaste aree degli appalti, ad esempio le mense, messe in crisi dalle chiusure o dal funzionamento a regime ridotto di scuole, uffici, aziende. Si tratta di comparti già  caratterizzati da un’estrema precarietà  occupazionale, da orari e paghe basse, dove neppure gli ammortizzatori sono in grado di garantire un reddito di sostentamento». Ma non basta. Sono soprattutto le donne a pagare, con diminuzione di orario, mancata conferma dei contratti, ricorso più intensivo ai permessi, se disponibili, anche gli accresciuti carichi familiari legati alla presenza a casa dei figli causa didattica a distanza, alla minore disponibilità  di badanti e posti letto in casa di riposo, alla chiusura di centri di aggregazione per anziani e minori.
Questi i temi che pone il sindacato in occasione di questo secondo Otto Marzo segnato dal Covid, lanciando alle istituzioni, nazionali e locali, «un forte appello per politiche di sostegno al lavoro e alle imprese che sappiano tener conto del differente impatto di genere della crisi». Se l’approccio dovesse continuare a restare sostanzialmente «neutro» come è stato finora, infatti, «tra i tanti danni inferti dalla pandemia ci sarà  anche quello dell’ennesimo duro colpo alle pari opportunità , e non solo nel mondo del lavoro».