Covid 19: a Trieste un terzo dei morti era ospite di case di riposo

Quasi 500 contagi, di cui 321 riferiti a ospiti e 166 a operatori,
pari a quasi un quarto del totale delle persone risultate finora
positive ai test in Friuli Venezia Giulia. E un numero di vittime che
si attesta ormai sulla settantina, oltre il 40% dei decessi
ufficialmente causati dal Coronavirus in regione. Questo, in attesa
dei report ufficiali della Regione, il bollettino sugli effetti
dell’epidemia nelle case di riposo, che si confermano purtroppo il
fronte più difficile, probabilmente anche a causa di ritardi e
sottovalutazioni che hanno impedito una migliore protezione degli
anziani e delle persone disabili, i più esposti agli effetti del
virus. Con un bollettino pesantissimo a Trieste: secondo quanto riferito da
Regione e Azienda sanitaria, infatti, un terzo delle 86 vittime
dell’area giuliana, quindi una trentina di casi, è riferibile agli
ospiti di case di riposo ed Rsa. E sarebbero ben 15 le strutture giuliane colpite dall’epidemia.
A fornire i dati,
frutto degli incontri tenutisi negli ultimi giorni con le tre aziende
sanitarie e «probabilmente sottostimati», i sindacati della
Funzione pubblica e dei pensionati della Cgil Friuli Venezia Giulia,
che lanciano l’ennesimo appello sull’esigenza di intensificare le
misure di protezione per operatori e utenti, «sulla base di
protocolli chiari e di regole stringenti, valide per tutto il
territorio regionale, e che tengano conto delle diverse situazioni in
cui si opera», dichiarano i segretari regionali Orietta Olivo
(Fp-Cgil) e Roberto Treu (Spi-Cgil). «Le situazioni di forte
criticità  ““ dichiarano ancora Olivo e Treu ““ e di crescita dei
contagi in molte strutture, da Trieste a Paluzza, sono anche lo
specchio di inefficienze e ritardi nella gestione dell’emergenza,
aggravata da alcuni fattori strutturali, su tutti la bassa intensità 
di assistenza sanitaria garantita agli ospiti non autosufficienti, le
carenze di spazio, la compresenza di operatori in più realtà , a
causa del crescente utilizzo di appalti piuttosto che di personale
dipendente. Ma hanno inciso sicuramente anche le lacune e i ritardi
nella distribuzione dei dispositivi di protezione individuale e il
tardivo o insufficiente isolamento dei contagiati, a causa degli
spazi carenti e della mancanza di strutture dedicate».
A destare allarme il
dato dei decessi, che purtroppo continua a crescere di giorno in
giorno e vede punte altissime soprattutto a Udine, dove due terzi dei
casi mortali complessivamente censiti in provincia, 34 sui 51 morti
positivi al coronavirus, riguarda ospiti delle case di riposo. Detto di Trieste, a completare il quadro i 6 decessi
della provincia di Pordenone (su un totale di 29).
Quanto al numero di
strutture colpite dall’epidemia, in base a quanto riferito dalle
aziende sanitarie sono 24, di cui 15 a Trieste, 6 a Udine, 2 a
Pordenone e 1 a Gorizia. Il timore, però, è che il quadro possa
essere tuttora sottovalutato rispetto alla sua effettiva portata.
«Timore ““ spiegano ancora Olivo e Treu ““ che riguarda in
particolare le case di riposo private: nessuna
di queste, infatti, risulterebbe coinvolta in
provincia di Udine, su un totale di 32
strutture private attive in
provincia. Ci
auguriamo che sia davvero così, ma chiediamo alla Regione e alle
Aziende sanitarie dati certi e garanzie sul monitoraggio della
situazione anche nel privato, cui fa capo oltre la metà  (5.500) dei
10.800 posti letto convenzionati, con punte del 70% a Trieste (2.100
posti letto su 3.000, con ben 74 strutture private attive sul
territorio).
Da qui le richieste
che la Cgil rilancia alla Regione, anche con Rossana Giacaz,
responsabile Sanità  e welfare della segreteria confederale. «Il
monitoraggio quotidiano della situazione nelle case di riposo,
pubbliche e private, un tavolo sia a livello regionale che aziende
per azienda, per consentire una gestione condivisa dell’emergenza
tra Regione, Aziende, distretti, enti gestori e forze sociali, con
strategie chiare, omogenee e coerenti per circoscrivere gli attuali
focolai e prevenire l’insorgere di nuovi casi, attraverso
protocolli per l’isolamento e l’eventuale ricovero in strutture
dedicate degli ospiti positivi ai test». Indispensabile inoltre
«individuare il fabbisogno di personale nelle strutture, accelerare
le procedure per la sostituzione degli operatori contagiati, attuare
buone prassi per alleviare le condizioni di solitudine forzata degli
ospiti e garantire dotazioni certe di dispositivi di protezione
individuale, sia nell’ambito delle strutture residenziali che
dell’assistenza domiciliare», l’altro settore su cui la Cgil
sollecita Regione, aziende sanitarie ed enti locali a una più
attenta vigilanza. In tutto, conclude Giacaz, «nell’ambito di una
generale ridefinizione del piano socio sanitario alla luce di
un’emergenza destinata ad avere lunghi strascichi».