Cgil, Cisl e Uil sul piede di guerra: direttore generale Asugi latitante

A
due mesi dall’inizio dell’emergenza Covid 19, si fa ancora attendere il
confronto tra sindacati e Asugi area giuliana. Una situazione
incredibile, considerate le enormi criticità  sul territorio legate al
Coronavirus, e che ha portato Cgil, Cisl, Uil di Trieste a denunciare
apertamente l’assoluto e incomprensibile silenzio del Direttore dell’Azienda sanitaria. “Stiamo da tempo chiedendo di
essere informati su ciò che sta accadendo a Trieste” ““ tuonano in un
comunicato stampa congiunto le tre organizzazioni sindacali che sul
territorio rappresentano oltre 50mila lavoratori e pensionati. “Eppure
fino ad oggi non c’è stata alcuna risposta da parte dell’Azienda: non
solo il mancato confronto non ci permette di informare correttamente e
rassicurare la nostra rete associativa sulla bontà  delle azioni
intraprese, ma rivela anche scarsa capacità  di visione. In un momento
così cruciale è evidente che vanno condivisi gli obiettivi e soprattutto
rafforzati i comuni sforzi per raggiungerli”.
Tante ed enormi sono le criticità  portate alla luce da Cgil, Cisl, Uil, a
partire da quel rapporto tra popolazione, contagiati e decessi che deve
avere una immediata risposta, soprattutto per quanto riguarda le
categorie più fragili degli anziani e dei disabili. Sono i numeri a
parlare chiaro: confrontando i dati della Protezione Civile locale
nazionale, i decessi a Trieste rappresentano il 54,5% di quelli totali
registrati in Friuli Venezia Giulia (60 su 110) ed i contagiati nelle
case di riposo cittadine sono 115, pari al 21% dei positivi totali della
provincia (115 su 545), dato, peraltro, in continua crescita. “Inutile
dire che siamo preoccupati per i nostri anziani, sia quelli oggi
confinati ed isolati nelle case di riposo, lontani dai propri affetti e
particolarmente esposti al contagio, sia di quelli che attualmente
vivono da soli e hanno bisogno di maggiore sostegno”. Vale la pena
ricordare ““ incalzano per Cgil, Cisl, Uil, Michele Piga, Luciano Bordin e
Antonio Rodà  ““ che al 30 giugno 2019 la popolazione del comune di
Trieste over 65 era del 28,3% (57.676 su 203.548) e i nuclei familiari
composti di una sola persona sono il 48,8% (51.481 su 106.155). I dati
peraltro, da fonti empiriche in nostro possesso, per impostazioni
metodologiche potrebbe essere sensibilmente sottostimati.
Le
preoccupazioni di Cgil, Cisl, Uil riguardano, però, anche i lavoratori
esclusi dalla possibilità  di lavorare da casa per le attività  essenziali
che svolgono, a iniziare dagli operatori della sanità  in diretto
contatto con gli ammalati di Coronavirus, nelle strutture pubbliche e
private. Stando ai dati dell’Istituto Superiore della Sanità , aggiornati
al 30 marzo scorso, sono 190, pari al 14,4%, gli operatori sanitari
positivi in forza in Friuli Venezia Giulia, a fronte del 14,3% della
Lombardia e del 4,4% del Veneto. E sembra ““ si legge sempre nel
comunicato di Cgil, Cisl, Uil ““ che almeno la metà  del personale
contagiato nella nostra regione sia attivo a Trieste.
“Non
possiamo poi non pensare anche agli altri lavoratori che sono a diretto
contatto con la popolazione, come quelli del commercio e dei servizi
strategici per il Paese” ““ aggiungono Piga, Bordin e Rodà . “Siamo molto
preoccupati sia per la carenza dei dispositivi di prevenzione necessari
allo svolgimento dell’attività  lavorativa, sia per l’assenza sul
territorio di controlli sulla corretta applicazione del decreto
legislativo 81/08 sulla sicurezza sul lavoro, che prevede anche le
dotazioni di Dpi fornite ai lavoratori (mascherine, guanti,
sanificazioni, ecc. ) e per la totale assenza di linee di prevenzione
nella gestione dei contagi ora e alla ripresa delle attività  produttive.
Frutto tutto questo di un insufficiente investimento sugli organici”.
Vigilanza, in prima battuta, in capo alle aziende sanitarie attraverso
le strutture di prevenzione, che ad oggi non svolgono attività  sul
territorio, e poi a tutte le altre strutture di vigilanza statali, come
l’Ispettorato del lavoro, l’Inail e l’Inps. Stando a Cgil, Cisl, Uil
sarebbe poi molto carente anche la rivisitazione dei piani di
valutazione del rischio derivanti dall’infezione e la conseguente nuova
organizzazione del lavoro.